lunedì, maggio 01, 2006

Rabbia dell'Arma contro la sinistra - unpoliticallycorrect.ilcannocchiale.it

1 Maggio 2006

Rabbia dell'Arma contro la sinistra

«Sono uscito per non vederli. Siamo usciti tutti, noi che non eravamo di picchetto e potevamo farlo, per non vedere chi ha sempre sputato sui nostri militari in Iraq sfilare di fronte ai feretri di tre colleghi morti per la Patria, morti perché in quella missione ci credevano». È l'amaro sfogo di uno dei tanti carabinieri che ieri erano all'ospedale militare del Celio, dove è stata allestita la camera ardente per il capitano dell'esercito Nicola Ciardelli e i marescialli dei carabinieri Carlo De Trizio e Franco Lattanzio. Le persone che i militari non volevano vedere erano Romano Prodi, Francesco Rutelli, Piero Fassino e Massimo D'Alema, che ieri, alle 10.28, si sono recati al Celio. I colleghi dei soldati morti a Nassiriya non dimenticano. Non possono cancellare con un colpo di spugna le parole dei vertici dell'Unione, che hanno ribadito spesso la necessità di ritirare le truppe da quella che hanno definito una «missione inutile». E nel giorno del dolore, quando tanti carabinieri sono stati chiamati a fare turni estenuanti (dalle 7 di mattina alle 9 di sera) per stare accanto alle bare dei caduti e ai loro familiari, loro lo hanno fatto senza battere ciglio. Lo avrebbero fatto anche fuori servizio. E in molti, infatti, pur essendo nel loro giorno di riposo, sono rimasti per molte ore fuori dalla camera ardente. Ma quello che questi militari non sopportano è «l'ipocrisia di chi vuole farsi vedere dalle telecamere oggi, oggi che questi tre colleghi sono degli eroi, viene qui a mettersi in mostra accaparrandosi un valore che non gli appartiene: l'orgoglio per una nazione». La rabbia non è solo di chi le vittime dell'attentato di giovedì scorso a Nassiriya le conosceva, ma di tutti i colleghi che credono negli stessi ideali di Nicola, Carlo e Franco e che, proprio per rendere onore a quell'impegno all'estero che è costato loro la vita, partirebbero per l'Iraq domani stesso. Invece Prodi e compagni vogliono il ritiro delle truppe. Lo ha garantito proprio ieri Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti italiani: «Andremo via entro luglio» e ha aggiunto: «Prodi lo vuole subito, nei tempi tecnicamente necessari». «Ma non sono mica preoccupati per noi», ironizzano i militari, «lo fanno per prendere voti da una larga fetta della sinistra. L'unica cosa che hanno fatto per noi, sette anni fa, quando al governo c'era D'Alema, è stato darci 19mila lire di aumento. Una vergogna». Non è l'unica nota stonata della giornata, alla camera ardente ieri ne sono arrivate molte. Dalla vicina piazza San Giovanni, dove le prove per il concerto del Primo maggio sono proseguite come da copione. «Una madre mi ha chiesto cosa fosse questa musica», spiega un carabiniere, «ero in imbarazzo a dirle del concerto». Molte manifestazioni pubbliche sono state interrotte. Nel paese di Carlo De Trizio, Bisceglie, in Puglia, è stata perfino sospesa la campagna elettorale in segno di lutto, ma il baraccone del Primo maggio, a Roma, non si tocca. E il paradosso è che molti carabinieri e poliziotti andati ieri a piangere i caduti in Iraq, oggi difendono l'ordine pubblico in piazza San Giovanni, magari sentendosi cantare «10, 100, 1000 Nassiriya». E poi, domani, di nuovo lacrime, ai funerali di Stato in piazza della Repubblica. «Ci tirano dentro ad un vortice disumano», dice ancora un carabiniere, «forse perché neanche si rendono conto della tragedia. Tutto diventa un'abitudine e se per l'attentato a Nassiriya del 2003 si era fermato un Paese, oggi la camera ardente neanche l'hanno allestita al Vittoriano, ma in un ospedale militare». (Libero)

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