Attentato made in Italy, una manina no global a Nassyria
di Dimitri BuffaCaduto il “politically correct” adesso qualcuno lo dice a chiare parole: sono veramente sospetti i tempismi degli attentati contro gli italiani a Nassyria. Come se una mente li suggerisse dall’Italia. E se quella mente esistesse davvero non potrebbe che essere una di quelle degli amici dei resistenti iracheni qui da noi. I no global di alcuni centri sociali che da sempre si contraddistinguono per quel soccorso rosso a tutti i movimenti guerriglieri del mondo che poi non è altro che dare ospitalità ai latitanti: dell’Eta o di al Zarqawi poco importa. Da un informatissimo articolo di Gian Marco Chiocci su “Il giornale” si viene ad esempio a sapere che sarebbero quattro i nominativi top secret più accreditati quali “ufficiali di collegamento” lungo l'asse Roma-Nassirya. Tracce di suddetti contatti con l'Italia sarebbero saltate fuori nelle scorse settimane nei canali Internet, “attraverso segmenti telefonici captati dai satelliti”, seguendo quella linea grigia che la nostra intelligence batte da quando si è constatato che nel video della violentissima battaglia di Nassirya proprio nelle riprese fatte dai mujiahedin armati di bazooka, mortai e mitragliatori, una voce fuori campo incitava i combattenti a uccidere i crociati, gli infedeli, gli occupanti occidentali. L’ancora anonimo telecronista dei terroristi diceva “dai, dai... spara...” E poi: “Allah Akbar, Allah Akbar!”.
Questo sospetto che già aveva lambito l’inchiesta per la prima strage di Nassyria, quella con 19 vittime, adesso sta diventando qualcosa di più grande di un semplice sospetto. Ora si parla di indizi. D’altronde che nell’acqua dei tanti campi anti imperialisti (dove ex terroristi di destra e di sinistra si uniscono ai resistenti iracheni e a aspiranti kamikaze) potessero nuotare i pesci, anzi gli squali, che arruolano i kamikaze che vanno a farsi esplodere in Iraq è ormai una certezza. Al seguito di Kharfas Aws Mohammad molti già si sono fatti esplodere. Il problema è ora individuare chi dall’Italia potrebbe avere dato l’ordine di uccidere altri italiani con lo scopo di precipitare le decisioni politiche dell’ancora costituendo governo Prodi in senso fortemente “zapaterista”. Cioè ci si ritira tutti e subito. Senza attendere lo scadenzario già deciso dal governo Berlusconi e concordato tanto con il governo provvisorio iracheno quanto con le amministrazioni degli alleati. E di colpire “solo gli italiani"”, secondo l’articolo di Chiocci, parlerebbe una delle più recenti informazioni intercettate. La coincidenza con il ricambio di governo, secondo gli uomini della sicurezza irachena, andava raccolta al volo nella speranza di sortire un nuovo effetto Zapatero. Colpire invece prima delle elezioni avrebbe potuto sortire un effetto boomerang, rafforzando il governo Berlusconi come avvenne con Blair all'indomani dell'attacco di Londra.
L’articolo di Chiocci punta il dito su nomi noti della galassia eversiva e para tale del bel paese. “Nomi notissimi che si sono affacciati alle riunioni di Assisi, che girano il Bel paese in cerca di fondi e nuovi supporter nei centri sociali, nelle organizzazioni pseudopacifiste, in alcune Ong di comodo, tra i seguaci del Campo Antimperialista (fautore della campagna internazionale "10 euro per la resistenza irachena") e di alcune sigle dell'antagonismo marxista-leninista (dai Cpc veneti e pugliesi al C.A. Malgo Zonta fino a Soccorso popolare) che fanno dell'antimperialismo e dell'anticapitalismo il proprio grido di battaglia.” Questa gente rappresenta il brodo di coltura dei simpatizzanti della resistenza irachena e non è azzardato pensare che qualcuno di loro si spinga fino a dare ospitalità ai latitanti e conosca quindi in anticipo cosa bolla in pentola. Attentati in Iraq compresi. Guarda caso si tratta delle stesse sigle che compaiono quando vengono bruciate in piazza le bandiere di Israele e degli Stati Uniti. Chi si assomiglia si piglia.
L'Opinione delle Libertà