venerdì, marzo 10, 2006

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«Senza internet è meglio morire»
Cuba. Il giornalista dissidente messo a tacere dal 23 gennaio fa lo sciopero della fame. Il governo gli ha chiuso l'accesso alla rete dopo un'intervista al «Miami Herald».

• da La Stampa del 10 marzo 2006, pag. 9

di Paolo Mastrolilli

Morire di fame per internet. Guillermo Farinas lo ha promesso e ci sta riuscendo, grazie alla sordità di Fidel Castro e al silenzio quasi compatto della comunità internazionale. Farinas è uno psicologo cubano di 41 anni ed è direttore dell'agenzia di notizie indipendente Cubanacan Press. Lo era per essere precisi, fino al 23 gennaio scorso. Quel giorno accettò di rilasciare un'intervista telefonica al Miami Herald, il quotidiano della Florida, dove vive la comunità più folta e agguerrita di espatriati anticastristi. Farinas, dalla sua base di Santa Clara, aveva l'abitudine di raccontare le storie che non uscivano sui media ufficiali cubani e per questo in passato aveva trascorso qualche giorno in carcere a spese del governo. L'Herald voleva sapere della repressione dei dissidenti e dei giornalisti indipendenti e Guillermo aveva accettato volentieri l'invito.

Telefonare dagli Stati Uniti a Cuba è possibile, con qualche precauzione, ma quando si compone il numero di un oppositore bisogna aspettarsi di essere ascoltati. Così è andata anche per la chiacchierata tra il giornale di Miami e Farinas, che il giorno stesso si è visto staccare il collegamento a internet. A Cuba, come in Cina, è possibile navigare in rete ma il governo gestisce, controlla e limita l'accesso. La versione ufficiale di Castro è che l'embargo americano, impedendo l'uso dei cavi sottomarini a fibre ottiche, restringe gli spazi. I cubani che vogliono entrare su internet devono utilizzare i collegamenti satellitari, quindi le opzioni sono limitate. Perciò lo stato assegna le preziose password di accesso a individui approvati, nonostante alcune poi diventino disponibili sul mercato nero. Le Poste offrono il servizio di e-mail, ma consentono di visitare solo i siti cubani e bloccano quelli internazionali, soprattutto se gestiti dagli espatriati negli Usa.

Farinas e i suoi colleghi della Cubanacan Press avevano un accesso pubblico a Santa Clara, da cui spedivano i loro articoli all'estero. Il 23 gennaio, però, il regime castrista ha messo il lucchetto. Per Guillermo questo significava la fine del suo lavoro, e quindi dello scopo della sua vita. Perciò ha deciso di cominciare uno sciopero della fame, fino a quando le porte della rete saranno riaperte. «Io - aveva scritto in un comunicato - voglio che tutti i cittadini cubani abbiano il diritto a una connessione con internet, ma anche che la stampa indipendente possa riportare le attività del governo. Se devo diventare un martire dell'accesso alla rete, così sia». E aveva aggiunto: «Le autorità usano l'embargo americano come pretesto per una politica repressiva verso internet. La ragione principale per tenere i cittadini lontani dalla rete è impedire che si informino».

Il regime non ha hattuto ciglio e 1’8 febbraio scorso Farinas è stato ricoverato all'ospedale di Santa Clara. Lo nutrono a forza con l'endovenosa ma lui rifiuta cibo e medicine e negli ultimi giorni le sue condizioni si sono aggravate. La comunità internazionale quasi non si è accorta del suo dramma, a parte Reporters senza frontiere e gli altri dissidenti cubani come Owaldo Paya, Elizardo Sanchez e Vladimiro Roca. Mercoledì Paya, leader dell'opposizione cattolica, ha lanciato questo appello: «Chiediamo alle autorità di rispettare i suoi diritti, accettare immediatamente la sua petizione e salvare la sua vita». Roca ha visitato Farinas, chiedendogli di non staccare l'ago: «E’ uno scheletro - ha detto - ma resta in buono spirito». Fino a quando il suo corpo reggerà.



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